Codice genetico, no semplificazione mediatica

Codice genetico, no semplificazione mediatica

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Quotidianosanità.it

Un team di ricerca ha messo a punto un sistema, basato sull’Intelligenza artificiale, in grado di identificare i marcatori genetici dell’autismo. I media parlano di “svolta nella diagnosi” ma per Angsa e Fondazione italiana autismo occorre essere precisi e, raccogliendo le dichiarazioni di David Vagni del Cnr, spiegano: “Le mutazioni rilevabili geneticamente rappresentano solo una piccola frazione dei casi di autismo (20% circa) e le mutazioni in 16p11.2 solo  lo 0,5-1%”.

 

 

“Trattare l’autismo come una condizione monolitica, riducendolo a una questione genetica risolvibile con un test, non rende giustizia alla complessità della condizione. È necessario fermare queste semplificazioni e abbracciare una visione più completa e rispettosa dell’autismo e dei diversi bisogni”. Così l’associazione Angsa, genitori di persone con autismo, e la Fondazione italiana autismo intervengono sulla notizia pubblicata da alcuni tra i maggiori quotidiani nazionali in merito a quella che viene definita una “svolta” nella diagnosi precoce dell’autismo, basata su una nuova tecnologia sviluppata da un team di ricerca co-diretto da Gustavo K. Rohde. “La notizia sembra promettere mari e monti, suggerendo che presto potremmo essere in grado di diagnosticare l’autismo con una precisione straordinaria, grazie a un’innovativa intelligenza artificiale. Ma c’è un problema: la realtà è molto più complessa…”, spiegano le associazioni.
Angsa e Fondazione italiana autismo lasciano che a chiarire la questione sia il professor David Vagni ricercatore Cnr: “Il focus dello studio in questione – spiega Vagni - non è sul codice genetico dell'autismo ma è sulla capacità di identificare specifiche mutazioni genetiche, come la delezione o duplicazione in 16p11.2, utilizzando una tecnica di imaging cerebrale avanzata chiamata morfometria basata sul trasporto (TBM). Tuttavia, le mutazioni rilevabili geneticamente rappresentano solo una piccola frazione dei casi di autismo (20% circa) e le mutazioni in 16p11.2 solo lo 0,5-1%. Per di più, tra le persone con la mutazione 16p11.2, solo il 20-30% è effettivamente autistico. Parlare di ‘svolta’ nella diagnosi dell’autismo basandosi su questi numeri è, quindi, quantomeno fuorviante”, spiega il ricercatore del Cnr.

Per Angsa e Fondazione italiana autismo, “questo tipo di semplificazione mediatica non solo è imprecisa, ma può essere dannosa”.
“L’unico dato interessante della ricerca – commenta Marco Bertelli della Fondazione italiana autismo - è la capacità di IA di gestire perfettamente il confronto statistico di dettagli all'interno di una massa dati enorme, come quella che si associa a numerose immagini tridimensionali del sistema nervoso centrale e ai loro correlati genetici e comportamentali. I risultati di questo studio indicano che, se usata con saggezza e cautela, la capacità statistica di IA può aiutarci in tempi rapidi a fare ordine nell'attuale eterogeneità delle condizioni raggruppate sotto la denominazione di disturbo dello spettro autistico e permettere di conseguenza diagnosi e interventi di precisione”.
“La ricerca scientifica - conclude Giovanni Marino, presidente Angsa - deve continuare a progredire, certo, ma non a scapito della verità e della comprensione umana”.

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