Le critiche alla legge sulla mototerapia

Le critiche alla legge sulla mototerapia

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Ivana Barberini

Trendsanità.it

«La presente legge riconosce e promuove la mototerapia, in maniera uniforme nell’intero territorio nazionale, quale terapia complementare…”. La Camera approva.

Nasce così un provvedimento che sta scatenando il malcontento di medici, associazioni impegnate sull’autismo, professionisti sanitari, esperti e neuropsichiatri infantili di tutte le latitudini.

 

 

«Non c’è alcuna evidenza scientifica che possa supportare la mototerapia. Questa è demagogia sulla pelle delle persone – tuona il professor Luigi Mazzone, direttore della Neuropsichiatria Infantile di Roma Tor Vergata –. È inoltre incomprensibile l’esasperazione alla continua medicalizzazione anche riferita ai termini stessi di ottime attività ludiche ricreative. Bisogna invece all’opposto “demedicalizzare” e creare attività inclusive ludiche per dare benessere e qualità di vita alle persone autistiche e alle loro famiglie. Lo sport è un ottimo strumento che incide positivamente sull’autostima, sull’immagine di sé, creando occasioni di implementare le abilità motorie e socio-relazionali. Le terapie però sono un’altra cosa e non vanno confuse con le attività ludiche come nel caso della mototerapia. Dal mio punto di vista come medico è gravissimo che vengano confusi tali ambiti e ancora più grave che a livello governativo e parlamentare possano passare alcune proposte senza alcun supporto scientifico. Concedetemi nuovamente una battuta per far capire il paradosso: eravamo tutti ingenui, avevamo le moto sotto casa e non avevamo capito che potevamo risolvere l’autismo con quelle…».

 

Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando. Ideata dal campione di motocross Vanni Oddera, la mototerapia o Freestyle Motocross Therapy (che è stata definita anche «psicomotricità in motocicletta») ha riscosso nelle sue esperienze “in corsia” sorrisi e momenti di spensieratezza da parte dei piccoli pazienti ricoverati in ospedale che possono scorrazzare sulle due ruote insieme agli acrobatici piloti. Ricorda le belle esperienze degli Spiderman, dei Superman e degli altri supereroi che regalano “un piccolo sogno ai bimbi ricoverati”. Il provvedimento passato alla Camera, e presto in discussione al Senato, prevede il riconoscimento e la promozione della mototerapia sull’intero territorio nazionale, consentendo alle pubbliche amministrazioni di favorire l’organizzazione di eventi e di progetti di mototerapia presso le strutture ospedaliere, sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali. Come affermava Mazzone, sono esperienze a cui va tanta gratitudine, applausi e sostegno dalle istituzioni. Ma, secondo molti esperti, trasformare il gioco, l’allegria, il sorriso, in terapia medica, priva di evidenza scientifica, senza neppure il parere dell’Istituto Superiore di Sanità, forse è eccessivo. La decisione di Palazzo Montecitorio viene contestata da tanti in un momento in cui si tagliano i fondi del SSN per i servizi essenziali e le terapie davvero efficaci per l’autismo o altre disabilità: progetti che non sono rifinanziati, liste infinite d’attesa per ogni intervento indispensabile. Ora il timore è che su questo panorama così difficile peserà anche il costo per i moto-terapeuti… Forse si prevede la nascita di centri privati per mototerapia che non solo confonderanno sempre di più le famiglie, ma rappresenteranno un ulteriore esborso per una terapia la cui efficacia è tutta da verificare scientificamente?

Oltre a Mazzone rispondono a questi dubbi dialogando con TrendSanità Chiara Pezzana, neuropsichiatra infantile, direttore sanitario e clinico del Centro per l’Autismo di Novara – Associazione per l’autismo E. Micheli, e Giuseppina Della Corte, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, del Comitato strategico di indirizzo del Centro studi SAPIS della FNO TSRM e PSTRP.

 

«Tengo a precisare che la realizzazione di azioni e progetti finalizzati a migliorare il vissuto del bambino con disabilità in determinati contesti senz’altro può apportare dei benefici sul piano umorale ed emotivo in termini di motivazione e fiducia in sé e nelle proprie capacità – spiega Della Corte –. Nel caso della mototerapia, tuttavia, analogamente ad altri interventi individuabili come adiuvanti la riabilitazione, si rileva quasi la necessità, da parte di chi li realizza, di assorbire il termine “terapia” senza le dovute spiegazioni. Nulla va tolto alla bontà delle intenzioni che muovono simili progettualità, ritornando alla proposta di legge, ciò che turba in particolare è la volontà chiaramente espressa di promuovere la mototerapia in modo uniforme sul territorio nazionale, perché considerata efficace al benessere del bambino con autismo, quando i servizi realmente ritenuti essenziali in casi come questo sono altri, la cui efficacia è basata su evidenze scientifiche certe. Bisognerebbe intervenire per uniformare gli interventi realmente efficaci per questi soggetti sulla base di prove scientifiche acclarate, come ad esempio la terapia neuropsicomotoria e logopedica. Invece, si assiste alla comparsa di metodi che si fondano su risultati scientifici di bassa qualità. Mettere in atto delle attività non riconosciute e validate a livello scientifico rappresenta un enorme rischio per la salute degli utenti e per il riconoscimento professionale dei nostri professionisti sanitari. Di fatto, ad oggi non esistono sufficienti evidenze scientifiche in merito allo stato di efficacia, efficienza ed appropriatezza della mototerapia, ed in particolare nei confronti di quadri patologici, quali l’autismo appunto, a cui gli erogatori di questo approccio intendono rivolgersi».

 

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato a ottobre 2023 il testo completo delle nuove Linee Guida sulla diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti che include raccomandazioni e indicazioni di buona pratica clinica, non regolati dalle precedenti, di tipo terapeutico, farmacologico e riabilitativo. E, neanche a dirlo, non c’è alcuna citazione della mototerapia in quell’importante documento. A pochi mesi di distanza, invece, la Camera approva il testo di legge sulla mototerapia per i giovani con disabilità, compresi i ragazzi autistici.

 

«Personalmente sono allibita e sconfortata – afferma Pezzana –, perché si fa tanta ricerca, tanta fatica per redigere le Linee Guida come quelle nuove dell’ISS sul trattamento per l’autismo, sia per i bambini, sia per gli adulti. Un’opera “ciclopica” dove si spiega bene, soprattutto per gli adulti, cosa si intende per trattamento e terapia e cosa per attività piacevole, ludica, in cui può certamente rientrare la mototerapia. La moto piace sicuramente ai ragazzi, ma quando parliamo di terapia, intendiamo qualcosa che deve essere supportato da una letteratura scientifica e avere una validazione rigorosa. Il punto è che nel mondo dell’autismo, della disabilità intellettiva, si fa presto ad aggiungere la parola terapia un po’ per tutto. Si parte dall’ortoterapia, fino alla pet therapy, l’ippoterapia, ecc… Sono tutte ottime attività, che fanno bene e motivano i nostri ragazzi a imparare cose nuove in un contesto specifico, ma non sono terapie. Poi mi chiedo, perché un’attività piacevole deve essere normata e perfino finanziata, quando le terapie vere, quelle validate per le persone autistiche non ricevono il giusto sostegno economico? I reparti di psichiatria in questo periodo sono paralizzati dalla carenza di personale medico, con liste di attesa molto lunghe. Ci sono problematiche gigantesche, per cui una famiglia con un bambino autistico non riesce ad avere un trattamento se non pagando presso i centri privati. Perché si perdono tempo e risorse a discutere di mototerapia? Poi si danno delle false speranze ai familiari della persona autistica o con disabilità e si aggiunge confusione su confusione, perché già la letteratura scientifica nel nostro ambito è debole, non è come quella sui farmaci in doppio cieco, in cui si sa cosa funziona e cosa no. I genitori fanno tanta fatica a orientarsi sull’opzione terapeutica migliore e più appropriata. Ora aggiungere la mototerapia vuol dire impiegare tempo, preziosissimo per i familiari e i loro bambini, per attività che nulla hanno a che fare con le terapie e i trattamenti. Dico tempo prezioso perché ai nostri bambini cambia la vita quando si segue da subito un trattamento riabilitativo mirato. Potenziare l’umore è sicuramente utile, così come potrebbe essere utile affiancare alla mototerapia un terapista ABA (Applied Behavior Analysis o Analisi Comportamentale Applicata), allora sì che avrebbe senso. La moto in sé non è la terapia, è quello che ci costruisci intorno. Manca questa consapevolezza: tutto bello, ma i nostri bimbi non hanno tempo da perdere. Con la profonda crisi che attraversa il nostro SSN e i servizi territoriali, in cui la psichiatria infantile non ha un budget dedicato, ci sono strutture in cui vediamo che i bambini diminuiscono ma le patologie neuropsichiatriche aumentano, così come diminuiscono i medici. In una situazione così drammatica, fare una legge sulla mototerapia vuol dire perdere il senso delle priorità».

«Ci sono priorità urgenti nel caso dell’autismo, come risolvere il carico economico che ogni famiglia deve affrontare per le terapie del figlio e il tema delicatissimo della fase di transizione dall’età adolescenziale a quella giovane e adulta allorquando finisce la scuola e serve trovare risorse e attività per un reale inserimento sociale» aggiunge Mazzone.

 

«Voler riconoscere e attivare in modo omogeneo la mototerapia sul territorio si scontra con due aspetti che caratterizzano la realtà sanitaria odierna in materia di presa in carico dei disturbi del neurosviluppo, tra cui rientrano proprio quelli dello spettro autistico. Da un lato mancano i fondi per garantire l’accesso ai percorsi di diagnosi e riabilitazione. Dall’altra, non si osserva sul territorio nazionale l’uniformità dei percorsi in essere – ribadisce Della Corte –. In questi casi, la diagnosi è fondamentale al riconoscimento tempestivo di un disturbo neuropsichico, mentre la riabilitazione consente di intervenirvi in modo appropriato per ridurre l’isolamento, il disagio sociale e migliorare la qualità di vita dei bambini e adolescenti che ne sono affetti, nonché delle loro famiglie. Dunque, avvilisce assistere all’impegno delle istituzioni nel promuovere una pratica dal valore puramente ricreativo, a fronte di una continua scarsità di servizi fondamentali con cui si rapportano quotidianamente utenti, genitori e operatori. Tali servizi sanitari ad oggi essenziali per il benessere dei bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico e altri disturbi del neurosviluppo sono quelli erogati dai professionisti della riabilitazione che, purtroppo, operano da tempo in un contesto sanitario continuamente alle prese con tagli di fondi e ripartizione di risorse. Tra i profili mancanti c’è anche il mio, il Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, appartenente all’Ordine dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (TSRM e PSTRP) che, in linea con i principi della medicina basata sulle prove di efficacia, si occupa, all’interno di un’equipe multidisciplinare, della presa in carico di questi soggetti: un processo questo, altamente specifico per ciascun bambino, e dal carattere evolutivo poiché deve rispondere in modo puntuale ai bisogni di salute di un soggetto che sta crescendo».

E, proprio dal maxi ordine delle professioni sanitarie, è stata da poco inviata una nota al Senato, alla Commissione permanente affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale, firmata dalla presidente Teresa Calandra. Nel testo si evidenzia come l’uso improprio della parola “terapia” in contesti non sanitari rischia di sminuire l’identità dei professionisti della riabilitazione e di alimentare il mercato del lavoro abusivo non sanitario, oltre a creare confusione tra i cittadini, generando false aspettative. La proposta di promuovere la mototerapia su scala nazionale appare paradossale se prima non si assicura un numero adeguato di professionisti sanitari qualificati per far fronte ai bisogni di riabilitazione dei cittadini, aggravando il fenomeno della migrazione sanitaria per la ricerca di servizi non disponibili sul territorio. Queste criticità, afferma ancora la nota TSRM e PSTRP, sottolineano anche l’importanza di aderire a linee guida basate su evidenze scientifiche e di evitare l’uso improprio di termini come “linee guida” o “complementare” al di fuori di contesti scientificamente validati, enfatizzando che un intervento riabilitativo dovrebbe essere parte di un approccio globale e dinamico centrato sulla persona assistita.

«Insomma – conclude sconfortata Pezzana – è facile creare entusiasmo per queste cose, anche con l’idea che il bambino autistico sia una specie di fortezza chiusa da aprire attraverso qualsiasi cosa. In realtà non è così, stiamo parlando di una patologia del neurosviluppo che, non a caso, si chiama dello spettro autistico, e in cui gli approcci terapeutici non sono uguali per tutti. Sono situazioni anche molto delicate che non possono essere gestite senza precisi criteri clinici. Si dimentica la ricerca, quella seria. Già le famiglie con un bambino autistico sono costrette a gestirsi quasi tutto da sole, senza un vero sostegno. Una novità come la mototerapia non fa che confondere e magari prevedere un ulteriore esborso, visto lo stato in cui versa il SSN. Forse si prevede la nascita di centri privati di mototerapia i cui costi sicuramente non sarebbero sostenibili per tutti, come è successo in altri casi non inquadrabili dal punto di vista scientifico che però davano grandi speranze alle famiglie? Poi vedere questa legge approvata pochi mesi dopo l’uscita delle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, che ha previsto anche una task force per definire il trattamento per le persone autistiche, è come vivere in due mondi paralleli…».

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