FNOMCeO
Rebecca De Fiore
dottoremaeveroche.it
I trasporti, il traffico delle auto, il riscaldamento domestico e le attività industriali sono i maggiori responsabili dell’inquinamento dell’aria che respiriamo. Tra le sostanze più dannose per la nostra salute troviamo il particolato atmosferico, il biossido di azoto e l’ozono. Un numero crescente di studi sta indagando sulla correlazione tra inquinamento dell’aria e aumento di patologie del neurosviluppo: i primi risultati mostrano una possibile associazione, ma sono necessarie ulteriori ricerche.
Dottore, l’esposizione all’inquinamento è un problema che riguarda tutti?
Purtroppo sì, anche se in diversa misura a seconda delle zone geografiche. Basti pensare che a livello globale i decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico sono più di 4 milioni ogni anno. Del resto, le politiche per migliorare la qualità dell’aria attuate da molti Paesi ad alto reddito non sono sufficienti: ancora oggi il 97% degli abitanti dell’Europa è esposto a livelli di PM2.5 superiori ai limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il carico dell’inquinamento atmosferico sulla salute, però, non si distribuisce uniformemente nella popolazione. Alcune categorie di persone, come gli anziani o i bambini, sono più a rischio di altre. Per quanto riguarda i bambini, la letteratura scientifica mostra una forte associazione tra inquinamento dovuto al traffico e problemi di salute respiratoria. Meno studiati, invece, sono gli effetti su sovrappeso e obesità, sullo sviluppo psicomotorio e sui disturbi comportamentali. Per queste patologie sono necessari ulteriori studi per raggiungere conclusioni più solide.
Tornando alla domanda iniziale, l’inquinamento atmosferico provoca l’autismo?
Al momento i risultati degli studi condotti non hanno prodotto evidenze talmente forti da confermare un’associazione tra inquinamento dell’aria e disturbi dello spettro autistico. Il motivo per cui si discute questa possibile associazione è che negli ultimi anni, anche a causa dell’aumento dei livelli di inquinamento, tra i diversi studi sugli effetti che l’inquinamento può avere sulla salute è aumentato il numero delle ricerche sugli effetti sul sistema nervoso e sui disturbi del neurosviluppo.
Alcuni studi – tra cui alcune revisioni sistematiche che, come sappiamo, sono studi che sintetizzano i risultati delle ricerche rigorose condotte – hanno registrato una probabile associazione tra particolato fine, monossido di azoto e sviluppo di disturbi dello spettro autistico, soprattutto durante l’esposizione in gravidanza.
I risultati di questi studi, seppur ancora non sufficienti per poter trarre conclusioni definitive, dovrebbero invitare a porre attenzione sulle possibili associazioni tra l’inquinamento e lo sviluppo di disturbi dello spettro autistico. Dunque, in questo senso, è importante parlarne, ovviamente in modo corretto, così come è necessario che la comunità scientifica continui a condurre studi su questo tema.
Dottore, cosa può dirmi a proposito degli altri disturbi del neurosviluppo?
La letteratura disponibile a oggi suggerisce che l’esposizione all’inquinamento dell’aria può influenzare negativamente lo sviluppo neurologico, portando a risultati inferiori nei test cognitivi e di motricità, fino a un incremento del rischio di disturbi comportamentali, come disturbi da deficit di attenzione e iperattività. Anche in questo caso, però, non ci sono dati consolidati e c’è bisogno di condurre altri studi che possano confermare l’associazione.
Ma cosa causa l’autismo?
Le cause dell’autismo sono a oggi ancora sconosciute. Non mancano però ipotesi, basate sulle evidenze che abbiamo: la maggioranza dei ricercatori è d’accordo nell’affermare che le cause possano essere soprattutto genetiche. Oltre alle cause genetiche possono poi concorrere anche cause neurobiologiche e, come abbiamo visto, fattori di rischio ambientali.
Gli studi futuri dovranno tenere conto della complessità e dell’eterogeneità dei disturbi dello spettro autistico, con l’obiettivo di individuare le interazioni tra i diversi e molteplici fattori di rischio e di protezione associati a questi disturbi. Pertanto, l’approccio prevalente suggerisce di passare dalla ricerca di un singolo fattore di rischio a modelli che tengano conto della relazione dinamica tra genetica e ambiente.
Oggi, quello che possiamo dire con certezza è che non c’è una correlazione tra vaccini e autismo.
Per concludere, occorre precisare che l’incertezza che ancora caratterizza l’argomento non è dovuta alla scarsa attenzione da parte dei ricercatori, ma alle difficoltà di comprendere pienamente i meccanismi alla base di molte patologie neurologiche. La ricerca, però, prosegue anche perché è fondamentale migliorare la conoscenza di questi disturbi. L’aumento di informazione, infatti, è l’unica strada per l’individuazione di potenziali terapie, possibilmente applicabili in fasi precoci dello sviluppo.